Conferenze e catechesi

Conferenze e catechesi (28)

« Lasciati abbracciare da Gesù »

Catechesi di don Renzo Lavatori

Cosa significa amare una persona?

La natura dell’amore abbraccia tre caratteristiche anche a livello umano, amarsi tra amici, tra sposo e sposa, tra genitori e figli. Le tre caratteristiche fondamentali sono: la gratuità, la libertà, la reciprocità.

La gratuità.

L’amore è l’incontro tra due soggetti, l’amante e l’amato, che si conoscono, si scambiano un rapporto di comunione, di effusione, secondo le situazioni. Questo rapporto che unisce due soggetti che si amano non può essere mosso d’altra ragione che dalla gratuità, cioè: “Ti amo perché …ti amo!”. Non ti amo per i miei interessi, non ti amo perché tu poi possa darmi qualcosa che mi avvantaggia.

L’amore è così, senza nessun’altro interesse, che non sia amore. Altrimenti esso diventa sfruttamento, opportunismo, servilismo, convenzione, formalità esteriore. Quante volte facciamo finta di amarci, ma poi ognuno va per la strada sua. Oppure mi accosto ad una persona pensando che mi può fare un favore, mi può dare qualcosa che mi interessa. Questo non è amore nel senso più vero e fascinoso.

L’amore nasce da Dio. Dio ci ama solamente perché ci ama. Non perché sono bello, non perché sono intelligente o perché pensa di ricevere qualcosa. Dio non riceve proprio nulla per il fatto che ci ama: Egli è pienezza di felicità eterna in se stesso e non ha bisogno di alcun altro contributo o appoggio. Nel suo essere un’unica natura che vive e si comunica in tre persine, uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo, Dio è perfettamente comunione di amore e pienezza di beatitudine. Quindi la gratuità significa lo slancio del cuore in qualche modo spontaneo, immotivato, ma non per questo irrazionale, o emotivo, passionale. C’è anche quell’aspetto lì, però soprattutto è il fatto di desiderare e di entrare in comunione. Quindi segue lo scambio, l’osmosi dell’amante verso l’amato e dell’amato verso l’amante.

La libertà.

Nessuno può costringere ad amare, altrimenti non è amore, diventa costrizione, prepotenza, oppressione, possessività. Tante volte  il nostro amore è così. L’amore invece è libero. Nasce dalla mia pura, totale iniziativa: “Ti voglio bene perché… ti voglio bene!”. Nessuno me l’ha imposto, nessun motivo mi sospinge. E’ una libera scelta davanti alla quale nessuno può imporsi, altrimenti l’amore scade, non esiste. Diventa tremendo, si trasforma in qualcosa di negativo e deludente assolutamente. Questo è un punto molto delicato perché davanti alla libertà dell’amore, neanche Dio, nella sua infinita onnipotenza può fare nulla. Se io dico: “No! Non ti voglio amare!”, Dio che mi dona l’amore, si ritira. Non perché non mi vuole amare, ma perché non può pretendere che io Lo ami, non si impone al mio volere, rendendomi un burattino nelle sue mani, una macchina mossa da Lui. A volte nella società umana succede che qualcuno mi impone di amare, anche se il mio cuore non intende amare. Non è amore quando qualcuno mi costringe ad amare. L’amore deve nascere da una libera scelta di adesione, di confronto, di comunione, di osmosi.

La reciprocità

Ci sono due persone, l’amante e l’amato. Non ci può essere solo l’amante, che ama, vuole comunicarsi con l’altro soggetto, mentre questi non se ne cura. Nel qual caso l’amore cade nel vuoto e non si realizza. Viceversa, se uno vuol sentirsi amato, ma l’altro non si cura di lui, il legame d’amore si strappa, si distrugge.

Ecco perché anche nella vita spirituale, nel rapporto con Gesù, queste tre caratteristiche devono esserci, se no non è atto d’amore. Lui le possiede, perché ci ama per Sua gratuita benevolenza. Perché non ha bisogno di noi, Lui è già perfetto, Padre, Figlio e Spirito Santo, è l’Amore eterno. E’ autosufficiente, diremmo noi oggi. Possiede tutto nel suo Essere, quindi non ha bisogno di me. Mi ama solo perché è Amore gratuito. Mi offre il suo Amore, però non me lo obbliga. Mi dona anche tanti segni d’amore, mi seduce, perché Dio è innamorato di me. E’ un seduttore favoloso. Quando sarò innalzato da terra, dice Cristo, attirerò tutti a Me. Ecco la seduzione, atto di amore e sacrificio immenso. Non c’è amore più grande di colui che dona la vita per la persona amata. Esso è un dono in senso assoluto. Dio te lo pone davanti, te lo fa vedere, te lo fa sentire, però alla fine sei tu che devi dire: “Grazie, anch’io Ti amo! Anch’io ti voglio bene!”. “Mi ami tu, Pietro?”, per tre volte. Pietro ha risposto, pur con un po’ di crisi interiore: “Certo che ti voglio bene, Signore!”.

Quindi, l’amore richiede necessariamente questa reciprocità in cui sia l’amante che l’amato si corrispondono, si attraggono, si cercano, si donano, si scambiano. Succede quell’estasi in cui l’amante esce da stesso per buttarsi sull’amato e per riempirlo d’amore e l’amato, svuotandosi di sé, accoglie l’amore e lo riversa sull’amante. E’ uno scambio stupendo. Questa è una nota per noi piccole creature, perché Dio ama in questa perfezione triplice: gratuità, libertà, reciprocità. Lui è sempre pronto ad amarci. Lui è fedele. Noi purtroppo qualche volta siamo incapaci, distratti, indifferenti oppure chiusi. Per questo è difficile l’amore, pur essendo la cosa più bella che esista. L’amore è la fonte della vita, della fecondità, della gioia, di tutta la pienezza del nostro essere, però è difficile. La conoscenza, si è importante, perché ci fa capire chi è l’altro che incontro, ma ognuno resta isolato in sé stesso. La conoscenza non crea il rapporto, il legame, crea solo un certo interesse, una certa curiosità, sapere com’è fatto l’altro, cosa fa, però:  “Lui è lì e io sono qua”, “Lui è fatto in un modo e io sono fatto in un altro”. Invece l’amore congiunge i due soggetti che si incontrano, li plasma in modo tale che uno è nell’altro e l’altro è nell’uno reciprocamente. E’ un arricchimento enorme.

Tuttavia resta il problema: come si fa ad accogliere nel proprio cuore un altro che non sono io? Noi siamo profondamente egoisti ed egocentrici. Io accetto l’altro se pensa come me, se fa quello che voglio io, se lo fa come lo voglio io, se è dolce, se è rispettoso, ma se per caso fa delle cose che non combinano con il mio modo di vedere e di schematizzare, il rapporto crolla, va in frantumi. L’altro è altro perché non è come me, certo! Non è la mia clonazione, è un altro. “Alter” significa “diverso”. A questo punto, affinché si realizzi l’amore, che è un dato fondamentale della nostra costituzione, perché Dio è Amore e ci ha creati a Sua immagine e somiglianza; quindi l’amore fa parte del nostro essere umano, si richiede molto più della conoscenza. Infatti l’amore esige lo svuotamento del nostro io per accogliere l’altro che non è come me. Questo costituisce un grosso ostacolo e ci costa superarlo perché siamo orgogliosi. Chi è pieno del proprio io, gonfio di sé, non sa amare, non può amare e di fatto non ama. Occorre spogliarsi dei propri schemi, delle proprie impostazioni interiori anche spirituali a cui siamo molto attaccati, in modo da poter accogliere l’offerta dell’amore dell’altro che me lo offre a modo suo. Se io sono pieno come un bicchiere pieno, è inutile versare dell’acqua: va fuori dal contenitore!

Spesse volte nel rapporto tra noi e Dio succede questo. Io voglio bene a Dio, però non faccio nulla per ricambiare il suo amore, pretendo solo. Io la penso così e Dio deve pensare a modo mio. Io chiedo una cosa e Dio me la deve dare come la voglio io. Ma allora che amore è? Dio può avere delle ragioni diverse dalle mie. Lui è Somma Sapienza, Somma Volontà, quindi ha una visione molto più ampia della mia. Come faccio io a pretendere i suoi segni amorevoli, le sue grazie, se voglio che Lui mi ami secondo la mia pienezza egocentrica? Non arriverà mai il suo amore dentro di me, perché è metafisicamente impossibile: io sono ermeticamente racchiuso in me stesso, nel mio modo di vedere, di pensare, di giudicare. Per cui se Dio non corrisponde al mio pensiero, non c’è posto per Lui.

A questo punto ci si può chiedere: cos’è più facile l’azione attiva di amare o l’azione passiva di accogliere l’amore? Amare o essere amati? E’ molto più difficile lasciarsi amare che amare. Perché? E’ sempre lo stesso ragionamento: quando io amo una persona, sono io che prendo l’iniziativa, sono io che manifesto la mia generosità, il mio modo di fare, quindi ho un’autogratificazione, perché fa piacere sentirsi dire: “Come sei bravo! Come sei generosa!”. In questo modo però, posso dire di amare? Mi impongo, faccio quello che io penso, ma non mi preoccupo di sapere se quello che io penso fa bene o meno, aiuta o meno l’altro che io amo, che dico di amare. Per amare bisogna conoscere l’altro nelle sue esigenze non nelle proprie pretese.

Mi riferisco a un esempio molto semplice: se siamo d’estate e c’è un caldo enorme, io amo una persona, gli voglio fare un gesto d’amore, gli offro un paio di guanti o una sciarpa, d’estate? Non gli serve a niente. Che amore è? Invece d’estate, col caldo che fa, (l’unico dono è offrire un bicchiere d’acqua fresca, un buon gelato). Qui sta l’amore, quando capisco il bisogno che ha l’altro e mi commisuro ad esso, non impongo il mio modo di vedere e di fare. Da qui si capisce, a causa del nostro egocentrismo la difficoltà di accogliere l’amore nella povertà interiore, che significa dire: “Ho bisogno di te, sono povero, sono misero. Io accetto il tuo amore perché so che con l’amore mi riprendo, recupero e tu me lo puoi dare”. Però mi devo spogliare, svuotare da me stesso. L’umiltà è la condizione per costruire l’amore, l’umiltà vera che è la verità. E’ la consapevolezza che l’amore mi riempie perché ho un cuore vuoto, freddo, arido, appesantito, stanco, sfiduciato, depresso o ansioso. L’amore mi scioglie, mi guarisce, mi risana, mi ricrea, mi rinnova.

A questo punto si capisce l’importanza della reciprocità. Sia il donare, l’offrire l’amore, come l’accogliere e accettare l’amore, sono elementi coesistenti e necessari per realizzare la comunione. Non ci può essere solo colui che dona senza ricevere, ma non ci può essere neanche colui che accoglie senza ricambiare il dono. Perché? Il soggetto donante, che non sa ricevere, è racchiuso nel suo egoismo. D’altro verso il soggetto accogliente, ma di fatto non disposto a ricambiare l’amore, diventa anche lui un egoista perché accumula per se stesso. Gli fa comodo ricevere tante cose, restando imprigionato nel proprio rendiconto e non sa donare. Possiamo ora capire cosa significa amare Gesù. Significa appunto stabilire con Lui un rapporto interpersonale. Gesù è una persona e non un’idea. Che differenza passa tra amare una persona o essere interessati a un’idea? L’idea è astratta, è facile condividerla, interessarsi ad essa, perché non mi coinvolge nell’intimo, nelle mia affettività. Di una persona io posso sapere tutto quello che fa o che non fa, però non entro nel suo mondo interiore. La conoscenza è importante per amare un’altra persona, perché bisogna comprenderla nella sua realtà, nelle sue esigenze, ricchezze e povertà, limiti e virtù. Non posso pensare che la persona che amo sia perfetta, abbia solo virtù, perché sarebbe un’idealizzazione e non più una creatura come me con pregi e difetti. La devo amare così, anche con i suoi difetti, perché siamo tutti limitati. Solo Dio è perfettissimo.

Questo è il punto dolente per cui spesse volte noi non amiamo neanche noi stessi. Il Signore dice: “Ama il prossimo come te stesso!”, ma io mi amo? E’ difficile trovare persone che si amino. Perché non si accettano. Vorrebbero essere diverse da quello che sono. Più brave, più intelligenti e allora sono scontente perché non sanno capire che l’amore nasce e cresce per un’accettazione semplice di me e dell’altro. Eppure Dio mi ha creato a sua immagine e somiglianza e sono meraviglioso pur con i miei difetti. Cosa c’è di più bello che essere l’immagine di Dio Creatore e Signore? E’ una cosa stupenda! Io sono la sua immagine, però limitata. Dio ha preso un po’ di fango e ha soffiato la spirito della vita. Il fango è una componente debole e fragile, ma io lo devo accettare, lo devo amare perché è un elemento vitale, non sono fatto solo di spirito, ma anche di carne. D’altra parte non posso solo amare la carne e rifiutare lo spirito. Sono anche spirito. Se noi sappiamo amarci e accoglierci come Dio ci ha fatti, siamo pronti anche ad amare l’altro così com’è, non come noi vorremmo che fosse. Qui è il punto. Amarlo così com’è, nella sua bellezza e debolezza. Un essere che ha tante cose belle, tanta intelligenza, sensibilità, ma anche tante miserie, pigrizia, egoismo, fragilità. Io lo amo e lo amo proprio così com’è. Una volta che egli si sente accolto, si matura, si sviluppa, si perfeziona. Se invece io subito mi fermo a giudicare secondo le apparenze, senza approfondire la sua personalità, vado, dietro il mio perfezionismo e rimango prigioniero di me stesso, insoddisfatto, scontento, inquieto. Pertanto invece che amore, proietto la mia inquietudine, a scontentezza verso l’altro e lo distruggo, anziché costruire, edificare, rinnovare il suo modo di esistere e di operare.

L’amore è un discorso bellissimo, profondissimo che Dio ci fa con tutto il suo splendore. Amare Gesù significa accogliere il suo dono infinito d’amore: “Lasciati abbracciare da me!”, dice il Signore. “Lasciati abbracciare! Io ti amo come sei perché tu hai bisogno di essere amato come sei. Ti ho fatto Io così, non posso non amare la mia opera”. L’opera più bella che Dio ha compiuto nella creazione è l’essere umano. Uno scultore non può non amare la scultura da lui fatta anche se non è perfetta. Non lo può essere perché solo uno scultore è perfetto ed è Dio, il Creatore. Noi dovremmo sentir risuonare dentro di noi le sue parole stupende, gratuite d’amore: “Ti voglio bene. Nessuno ha un amore più grande di quello che io ho avuto per te, dando la vita per te sulla croce! Per te singolo uomo, singola donna, non per la moltitudine in genere, ma per te. Se fossi stato solo tu bisognoso del mio sacrificio, Io l’avrei fatto ugualmente, solo per te!”. Questo è l’amore di Dio verso ciascuno di noi. E’ l’amore di Cristo. Di fronte a tanto amore cosa facciamo? Dobbiamo lasciarci avvolgere, riempire del suo amore tutta la nostra personalità, mente, cuore, corpo, spirito, affetto, psiche. Tutta la nostra personalità umana deve lasciarsi avvolgere, coinvolgere, travolgere dall’amore infinito che viene riversato su ciascuno di noi.

Quando ci ritroviamo in adorazione davanti a Gesù che è la fonte dell’amore, Lui è l’Amore in senso assoluto, perfettissimo, solo Lui; ne segue che più Lo guardiamo più effonde su di noi il suo Amore che è il Suo Spirito, il Divino Amore, che egli manda su di noi affinché lo sentiamo, lo percepiamo, lo viviamo, lo assimiliamo e veniamo trasfigurati in Lui, come “alter Christus”, un altro Gesù. D’altra parte anche noi guardandoLo ci immergiamo in Lui, che ci colma del Suo amore e siamo noi che ci abbandoniamo tra le Sue braccia, ci sentiamo avvolti da Lui, dalla sua pienezza d’amore. Allora si attua veramente l’incontro pieno d’amore. È quello che ha fatto Maria quando l’Angelo Le dice: “Ti saluto, piena di grazia, Dio Ti ha scelta per essere la Madre di Dio Incarnato”. Com’è possibile un evento così immenso? Essere la Madre del Verbo Eterno di Dio fatto uomo! Maria è chiamata all’amore, ad accogliere in Sé, Qualcuno che è molto, infinitamente più grande di Lei. E Lei piccola, misera creatura, si sente smarrita. “Com’è possibile? Non conosco uomo!”. Sono tutta di Dio, non posso a livello umano intrattenere un rapporto con un uomo. E l’Angelo Le dice: “Non ti preoccupare: è l’onnipotenza di Dio, del suo Spirito che Ti adombrerà e farà nascere in Te questo germoglio infinitamente grande, meraviglioso, il Verbo Incarnato, Gesù, il Figlio Eterno di Dio che si è fatto uomo. Lei offre la Sua umanità, purissima, immacolata, verginale. Lei si trova in mezzo ad un fenomeno veramente sovrumano, che La trascende, che La supera immensamente e sinceramente riconosce i Suoi limiti. Ma com’è possibile questo? Eppure, quando ha saputo che tutto era opera della Divina Onnipotenza: “Eccomi, sono la Serva del Signore. Si faccia in me la tua parola”. Avvenga questo evento straordinario, immenso, stupendo. Similmente Dio agisce con noi. Ci offre il Suo amore più grande del nostro cuore. Lo dice la Scrittura: l’amore di Dio è molto più grande del nostro piccolo cuore, più grande di noi che siamo incapaci di amare se Lui non ci insegna l’amore. Tuttavia Lui ci offre Se stesso. Ecco l’Eucaristia! “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue versato per te. Nutriti, mangia e lasciati trasfigurare in Me, perché tu possa sentire tutta la pienezza e la totalità del mio Amore e lasciarti abbracciare da Me che ti voglio bene. Lasciati abbracciare dal tuo Signore!”. Noi ci troviamo piccoli, ma diversamente da Maria, diffidiamo dell’Onnipotenza divina!

Ecco il punto che ci separa da Maria. Anche noi diciamo: “Ma com’è possibile che Tu ami me che sono così misero, così piccolo, così debole? Tuttavia diffidiamo dell’infinita potenza del Suo Cuore! E’ Lui che amandoci, ci rende amabili al Suo Cuore e al cuore degli altri, perché donandoci il Suo amore, ci trasfigura come è avvenuto nel battesimo. Ogni volta che ci nutriamo dell’Eucaristia, Lui ci trasforma in Lui. Quando ci nutriamo del pane naturale lo trasformiamo in noi, diventa parte del nostro organismo perché in quel caso il pane è elemento inferiore. Quando ci nutriamo del pane celeste, il Corpo e Sangue di Cristo, il cibo immortale, è più forte di noi e se Lo accogliamo con fede ci trasfigura in Lui, non il contrario. Non Lo trasformiamo in noi, è Lui che ci Trasfigura in Lui e ci rende sempre più splendenti del Suo amore. Maria ha avuto un grande cuore di accogliere, pur nella sua libertà, l’opera onnipotente dello Spirito Santo che l’ha resa feconda del Verbo Incarnato, suo Dio e suo Figlio. Noi in qualche modo, con la nostra piccolezza, abbiamo la stessa finalità. Dio si china con la Sua grandezza, con il Suo amore verso di noi, così miseri. E noi dobbiamo lasciarci amare, lasciarci abbracciare, avvolgere come ha fatto Maria in modo che diventiamo creature come vuole Dio, sempre piccole, sempre fragili, ma ricolme della Sua impronta di bellezza e di santità.

don Renzo Lavatori

Don RENZO LAVATORI, laureato in teologia e filosofia, membro della Pontificia Accademia di Teologia, docente di Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Urbaniana e altre Università ecclesiastiche di Roma. Conosciuto per numerose pubblicazioni sui temi fondamentali della fede e per le sue trasmissioni mensili a Radio Maria. Tra le sue opere in particolare: Gli angeli. Storia e pensiero, Marietti, Genova 1991; Milano 2000.2003; Satana un caso serio. Saggio di demonologia cristiana, EDB, Bologna 1996; Gli Angeli, Newton-Compton, Roma 1996; Il diavolo tra fede e ragione, EDB, Bologna 2001; Antologia diabolica, UTET, Torino, 2008.

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